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Budapest, Rimini e Berlino
Diary • 21 luglio, 2017
La moda nell'era globalizzata non è più legata solamente a quei territori che l'hanno fatta divenire famosa, quei luoghi classici che erano le vetrine istituzionali per il mondo intero, le finestre alle quali solo gli addetti ai lavori si affacciavano per poter ammirare, comprare e divulgare quello che era stato il risultato di qualche mese di lavoro svolto negli atelier prima e nelle industrie poi. 
La moda, nell'era globalizzata, si reinventa  secondo tutta la sua filiera e si specializza in nuovi percorsi e su diversi territori. Determinata e liberata dal potere delle connessioni facili, la moda nuova si organizza e applica una trasversalità che un tempo le era talmente estranea da risultarle un po' cheap, certo perchè la moda, si sapeva fosse così desiderata proprio perchè non poteva essere così accessibile, raggiungibile. La moda nel suo significato era tale, perchè prima di tutto era un fatto per pochi e privilegiati che si esibiva solo nei suoi luoghi di culto. il negozio di tendenza o la passerella ambita di Parigi, Londra, Milano o New York per decenni hanno detenuto questa realtà lasciando intendere agli interessati che arrivare presso di loro, ma soprattutto arrivarci prima di altri era importante, determinava l'esser glamour, l'appropriarsi di una  esclusività che proprio in quanto tale ti permetteva di scintillare.
Ma da quando la vetrina si è involgarita trasformandosi in mille finestre aperte in qualsiasi momento e visibili da qualsiasi territorio on line, dando l'accesso in contemporanea e costantemente a milioni di persone di qualsiasi tipo al poter ammirare, comprare e divulgare ogni moda o prodotto si voglia, quel luogo di culto, il riferimento nella realtà per ambire ad esserci, che fosse negozio, città o territorio non è più stato tale, sostituito da un altro luogo che impera sovrano: la rete, il nuovo luogo dove ci siamo già qui noi, tutti e in ogni momento e ovunque, chi la moda la fa, la esibisce, la vende, la compra e la racconta.

Notizia di questi giorni è la chiusura di Colette negozio culto della moda a Parigi, e può anche non sembrare una bella notizia, ma pare che molti altri negozi lo seguiranno, quelli che non saranno in grado di trasformarsi, di reinventarsi per soddisfare nuove necessità che prevedono nuove offerte che hanno nuovi significati che spesso vanno oltre la forma, sono solo pura comunicazione, e per questo spesso esibizione per l'esibizione.

L'esibizione in passerella infatti continua, ma anche quella si percepisce in una grande evoluzione. Scende dai pulpiti sacri delle città elette per allargarsi a  qualsiasi territorio, ognuno desideroso di poter affermare la propria moda; si insinua anche in eventi sociali diversi, in questi casi poi addirittura  scendendo dalle stesse passerelle per salire su palcoscenici, stanze , teatri, vie, piazze. Questi eventi vogliono quella moda ospite, per poterla mostrare bandiera di un modo di essere da loro proclamato, la vogliono complice, usano i suoi abiti come messaggi, comunicazione appunto. E la nuova moda si lascia trasportare per farsi conoscere, per rendere possibile, oltre la rete, al suo consumatore finale, l'esperienza della tangibiltà del suo prodotto, sfila nelle vie per garantire, oltre le immagini sullo smartphone, che quell'abito esiste nella realtà ed è bello e ti fa entrare con l'esperienza dello show in un suo immaginario, che può divenire la tua nuova realtà attraverso quella nuova scelta vestimentale che è sicuramente la migliore. Il nuovo luogo di culto, dove esserci nella realtà e ritrovare  lo scintillio, è la settimana della moda. Essa nella sua molteplice esistenza si adatta sempre molto bene a fare da sfondo, è facilmente scenografia sempre diversa, e rende possibile l'unione nella realtà di relazioni internazionali che sono estremamente interessanti, stimolanti per alta creatività.  Il negozio, fermo stanziale, sempre troppo piccolo per un mondo globale, è logico che, a questo punto, rimanga solo sulla rete e alla portata di un click anche per caricare sempre nuovi abiti che formano nel loro insieme "la collezione", quella  oltre le stagioni, oltre il periodico, quella che rimarrà sempre desiderata e desiderabile. La settimana della moda è la nuova vetrina globale, spazi immensi oppure no, ma fuggevoli, ospitano i  designers locali insieme a quelli internazionali che di volta in volta si esibiscono creando il loro momento spettacolo che ben si presta a farsi comunicare sui social, per polarizzare l'attenzione internazionale e potersi affermare. Così si delinea e si forma sempre meglio una nuova figura di designer, un pò nomade, un po' rock star, per promuovere il suo stile infatti, affronta quasi come nella musica, dei veri e propri tour, scegliendo i luoghi e gli eventi dove meglio si accoglieranno e mostreranno  le sue creazioni, organizzando un calendario che potrà sempre più facilmente prevedere possibili partecipazioni tutti i mesi dell'anno e accompagnate sempre dall'ultima nuova creazione che inevitabilmente farà sempre di più il mirror al territorio di dove sarà presentato.
Ecco perchè il progetto Waste Couture a gennaio ha sfilato ad Harbin alla Harbin Fashion Week, a febbraio era alla Milano Fashion Week, e poi ultimamente è stata al Green Social Economy Summit a  Rimini, alla Global Sustainable Fashion Week di a Budapest e all'Ethical Fashion Week di Berlino ed è sempre più invitato per mostrare al mondo il suo modo migliore di fare moda e attraverso i Fashion Revealers: Silvia Giovanardi, Tiziano Guardini, Omar Nardi, Venette Waste, Katinka Saltzmann, Lidia Falcon, Sara Rotta Loria, Paola Pezza, Alberto Ciaschini, Ugo Masini, Francesco Cecchini.













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