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Intervista a Ugo Nespolo
Diary • 12 maggio, 2022

Horus era fuggito un’altra volta, con l’arrivo della primavera anche quest’anno le sue fughe d’amore erano quasi all’ordine del giorno e naturalmente io ero spesso sulle sue tracce per recuperarlo.

Questa volta mancava da giorni, ma per fortuna qualcuno sui social mi aveva detto che lo aveva avvistato svolazzare intorno alla Mole Antonelliana.

Dovendomi recare a Torino per un ennesimo viaggio al recupero del compagno volante della mia vita, non potevo mancare di far visita a Ugo Nespolo. Ugo, lo conobbi tanti anni fa, fu un incontro speciale, di quelli che poi hai piacere a far rientrare nel racconto della vita, era il 1978 e accadde a  New York. Non lo vedevo da un po’ e avevo proprio voglia di incontrarlo, d’altra parte ci eravamo da poco sentiti in occasione della sua prossima presenza su ArtZeit e il suo ingresso nel mondo dell’arte digitale e non vedevo l’ora di fargli un po' di domande, anzi un po' di più di alcune domande, una vera e propria intervista.

In via Susa un imponente portone mi apre allo straordinario edificio che accoglie la vita, le opere e tutta la creatività di Ugo Nespolo.

Che funzione ha per la tua creatività questo spazio?

Ognuno ha l’atelier che si merita, che si sceglie e proprio per questo credo che non debba essere solo un posto dove si trasforma un’opera e basta, deve ispirarti, deve essere lo spazio che rispecchi la figura d’artista che ho sempre pensato io, uno studio che sia un insieme di cose diverse, qui per esempio ho un ufficio grafico, un posto dedicato al cinema, alla musica…

Un posto per la moda c’è?

La moda siamo noi. Questo è un atelier che si presta molto a questa idea che avevo io, non all’antro dell’artista che soffre perché poi lì ci deve entrare tutta l’immondizia del secolo… l’atelier non può essere solo il magazzino dove si lavora, deve rispecchiare gli ideali dell’artista, deve ispirare l’artista, per questo sto lavorando per realizzare un  film, un documentario sullo spirito dell studio che si chaima Studio Geist , Geist come spirito appunto, quindi non un documentario sullo studio, ma lo spirito dello studio, io ho sempre pensato che lo studio di un artista debba essere un posto totalmente spirituale.

Quale è da sempre l’idea che conduce la tua opera creativa?

Boh! Non lo so.. guarda,il mio amico filosofo che si chiama Maurizio Ferraris  ha scritto un libro che si chiama: “Istruzioni per non essere creativi”… questa idea della creatività , che dovrebbe ispirare gli artisti…in realtà il mio parrucchiere è convinto di essere un’artista anche lui, anche il mio sarto se per quello, quindi questa idea di essere creativo creativo non è tanto un fatto divino che ad un certo punto arriva e si manifesta in qualcuno, in realtà è il lavoro, è la consuetudine, è la cultura, è la pratica.

Come descriveresti la tua estetica?

Non è che io abbia un’estetica… sai fare arte, fare l’artista oggi, più che mai implica l’idea che devi sapere quello che stai facendo e perché lo fai. Siccome l’arte si è tutta ormai dedicata alla sua valorizzazione economica, l’arte si può considerare una merce fra le merci, vale a dire che se lo fai solo per guadagnare i soldi allora tutto può essere arte, allora anche vendere prosciutti o biciclette può essere un gesto artistico e oggi più che mai si sente questo. Detto questo posso dire che la mia idea estetica abbia in qualche modo una valenza culturale, possa come dico io: “far pensare dei pensieri che pensano”, perché sai si possono anche pensare delle cretinate qualsiasi...darti una ragione importante questo è secondo me l’atteggiamento che l’artista deve avere. Ma purtroppo è un atteggiamento che è molto vago, perché il sistema dell’arte ha costruito una scatola molto isolata, molto chiusa che sta per i fatti suoi. Ormai tanti fatti dell’arte, hanno più a che fare con la finanza che con la cultura, che di per sé può anche non essere disdicevole, non voglio fare il laudator temporis acti del tempo in cui, come ci raccontano dalla fine del Rinascimento in poi tutte le discipline andavano insieme in armonia tra la cultura, l’arte etc…ma in realtà oggi il dramma più grosso dell’arte è che l’arte non conta più niente, bisognerebbe dar ragione a Baudrillard, che diceva  “perché non dire che tutto è già finito?”, in modo provocatorio ovviamente.

Qual è lo spreco dell’arte oggi?

Se c’è uno spreco dell’arte oggi, possiamo riferirlo ad un tipo di committenza che si è creata che non è più quella di un tempo nel quale il signorotto o il Papa commissionavano l’opera all’artista che era di lloro maggiore aggrado, ma una committenza che gestisce opere nei magazzini free port degli aereoporti specialmente svizzeri dove le opere d’arte stanno lì, come depositi restano nel porto franco, nessuno le vedrà mai servono solo come merce di scambio virtuale e quindi l’opera virtuale in se stessa non significa nulla ma vale solo per il suo valore economico,  come un ostaggio, un sottostante di un valore espresso in altri termini, e quindi dico che se l’arte si sia ridotta ad essere esclusivamente un prodotto materiale, ecco questo si potrebbe definire spreco nell’arte.  

Nelle tue opere è prediletto il sentimento o il significato?

Più del sentimento o del significato per me è importante il valore culturale, ho scritto un libro per spiegare questo che si chiama “Per non morire d’arte” e ne sto facendo un altro.

L’uso del colore nelle tue opere sostiene movimento, vivacità, gioco.

Come sceglie i colori Ugo Nespolo?

 

Il colore non si sceglie, i colori non si scelgono..  come rispondeva Picasso ad una domanda riguardo l’uso del perché aveva usato il rosso, rispose che voleva mettere il verde ma non l’aveva… sicuramente il colore è funzionale ad un immagine che vuoi fare, ora senza arrivare ad uno studio della psicologia  del colore che c’è anche stato e aveva anche sicuramente un senso, ti dico che io i colori li uso un po’ tutti… o anche niente….

 

Il futurismo inneggiava alla velocità, l’industria e l’elettricità.

Tutti valori ora in discussione, che ne pensi oggi?

 

Il Futurismo purtroppo inneggiava anche ad altri valori come il disprezzo della donna e la glorificazione della guerra quindi il Manifesto di Marinetti è un manifesto che giustifica l’ingiustificabile,sintetizza l’inaccettabile…si il macchinismo della modernità poteva andare bene, ma diciamo che il manifesto del Futurismo è un manifesto completamente idiota pensandoci bene, aveva la forza di inneggiare ad un mondo futuro fatto più di tecnica, credeva nella modernità, il volo, l’aereo, la velocità, ma detto in quel modo ha avuto degli strascichi pazzeschi, ha avuto un grossa eco perché poi si è integrato con il fascismo e quindi è stato facilmente strumentalizzabile dallo stesso.

 

Il mondo dell’arte digitale potrebbe essere occasione per un nuovo manifesto dell’arte?

L’arte digitale effettivamente è una grossa novità.

Secondo me ha un valore, è un gesto realistico rispetto al fatto che l’opera d’arte non conta niente, cioe rispetto al fatto che non c’è bisogno che ci sia un materiale, una dimensione, un peso un chiodo per appenderla. E un percorso tutto nuovo e da esplorare e che molti ancora molti non comprendono e che stimola una certa curiosità, è un fatto nuovo, va al sodo, cambia completamente l’essenza dell’opera d’arte, poi si vedrà... perché il resto è sempre rimacinare la stessa cosa, che poi produrre opere d’arte oggi è facile, facilissimo perché oggi tutto è opera d’arte e tutti siamo artisti, veramente è così, non è per fare polemica ma anche la Biennale di Venezia questo lo ha sempre sancito, qualunque cosa è un'opera d’arte e chiunque è un artista e quindi adesso diventa ancora più facile perché va diretto all’essenza del valore dell’arte e poi pare comincino tutti a parlarne ora e che funzioni pure…

Tutti possono fare arte digitale, quindi si va al sodo di quello che è una forma d’arte, ma sicuramente è l’estensione di quello che Baudrillard chiamava il momento Xerox dell’arte, la fotocopia della ripetizione, anche tu puoi fare un opera digitale no?

 

 

Si però poi alla fine è il mercato che decide il valore di quel NFT…

Non ho capito infatti come sceglie il mercato, come decide il valore di quell NFT? Cioè se lo fa Jeff Koons costa tanto se lo fa un poveretto non vale nulla? Credo che sia la forza della tecnologia che c’è dietro all’opera a fare il successo dell’opera, cioè in pratica l’opera è valorizzata dal sistema che la porta , è il veicolo che ti trasporta che determina il valore non più quello che è sopra il veicolo…

L’assioma che vige nel nostro mondo è che cio che costa vale e non il contrario. Quindi quale è la scelta di valore sugli NFT? Vale più il contenitore che il contenuto. Facciamo un riepilogo: possiamo dire che L’NFT, l’opera immateriale può avere un valore , ed è giusto perché le tecnologie ci sono ed è corretto che si crei arte per questi nuovi canali ma se poi però la valorizzazione di quei lavori è fatta con il sistema vecchio, con il sistema consueto dell’arte, valorizza quello che gli fa comodo, chiaramente sarà molto piu difficile trovare un giudizio di valore da uno all’altro, e il marketing continuerà a giocare un ruolo primario per l’arte.

Falsi d’autore, ne è stato mia vittima? La sicurezza datta dalla blockchain potrebbe essere in questo senso definitivamente rassicurante?  

 

Certo che ne sono stato vittima, vedi all’arte del falso non gli interessa niente perché vende il falso uguale alle opere autentiche, inoltre  posso dire che l’artista che non viene falsificato non è contento, perché è noto che se non sono oggetto di falsificazione probabilemente valgo poco e quindi la blockchain che ci rassicura in questo senso secondo me non è così interessante per gli artisti.  

 

La Natura e l’arte. Secondo te quanto l’arte dovrebbe avere il compito di porsi come suggeritrice di una visione per un paradigma culturale per il cambiamento posto dalla necessaria transizione ecologica?

L’arte dovrebbe averne tanti di doveri morali ma non ne ha nessuno, per esempio sulla guerra che dovere morale ha? Ho scritto un pezzo che si chiama “Silenzio d’artista”, il silenzio intellettuale, cioè gli intellettuali  del mondo parlano di niente, ce ne sono davvero pochi che si occupano dell’arte rispetto al sociale. Ma d’altra parte chi avrebbe voglia oggi di leggere una critica d’arte, nessuna la leggerebbe più perché non c’è nulla che viene raccontato, non c’è niente di interessante, perché i discorsi girano a vuoto in un mondo che non ha nulla da dire di particolare. Invece una volta il critico d’arte era il deux ex machina. Tu leggevi, studiavi, capivi l’artista i passaggi, non parliamo poi degli storici dell’arte, ma oggi chi leggerebbe un testo su Jeff Koons? A chi interesserebbe? A nessuno, infatti non ci sono più i testi e quindi non c’è più critica, ma soprattutto non c’è più critica contro, cioè se qualcuno fa un testo critico è solo per dire bene, e invece bisognerebbe che la critica facesse il mestiere del critico e cioè dicesse quello che non va bene, la critica è sparita e si merita quello che ha prodotto e cioè la sparizione, il critico d’arte non conta più niente è stato sostituito dal curatore.

 

L’arte salverà la bellezza o il pianeta?

l’arte non salva né la bellezza né il pianeta. La bellezza è, come dice un mio amico filosofo è un fossile ormai dimenticato, non ha senso, pensa che a Boston c'è un museo del brutto, si chiama  Bad Art , dove si raccolgono tutte le opere più brutte secondo loro ma paradossalmente è uguale identico al museo di arte moderno, al MOMA, preciso ci sono le stesse cose.

 

Dai facciamo un giro per lo studio, fammi vedere l’archivio..

Così ci avviamo in giro per lo studio e mi mostra l’ufficio grafico, il laboratorio creativo, incontriamo Camillo suo figlio che ci fa una bella foto, passiamo per l’archivio degli incredibili libri, e le foto meravigliose di New York proprio quelle dell’epoca in cui ci conoscemmo, e poi ancora la sala del cinema, con la collezione unica delle cineprese e i proiettori e i registratori e le macchine fotografiche e la sala della musica. Infine saliamo sul terrazzo che sovrasta quella che posso ormai, senza esagerare, definire la fortezza dell’arte e mentre osservo il panorama ancora assorta da tutta quella ricchezza all’orizzonte noto un puntino nero che venendomi incontro diventa sempre più visibile, ma aspetta..ma sì …è Horus! Atterra sulla mia spalla: “Dai pennuto del mio cuore torniamo a casa si è fatto tardi.."

Ciao Ugo è stato bello, anzi strepitoso, ci vediamo su ArtZeit con i tuoi NFT!

https://artzeit.us/article/23


 

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